Cantico dei Cantici. Risonanze bibliche (il)
Cantico dei Cantici. Risonanze bibliche (il)
Sussidio per la preparazione del Cantico dei Cantici.
Bisogna leggere o meglio udire il Cantico lasciando sgorgare le analogie che evoca. Ci troviamo di fronte, più che a parole scritte, a voci che cantano. La parola è modulata dalla musica dell’amore. In esso risuonano tutte le modulazioni della parola orale nell’incontro degli amanti, che si interpellano e rispondono con tutti i toni di voce che l’amore sa inventare. Il Cantico è cantare: «La musica silenziosa, la solitudine sonora nel suono delle melodie d’amore» (san Giovanni della Croce). Non parla semplicemente dell’amore. Canta l’amore! L’amore ineffabile trabocca dal cuore alle labbra, con le sue chiamate, gli echi, le domande, le risposte, i desideri e le gioie. In ogni momento si rianimano le braccia dell’amore, per serbare vivo il cuore nell’assenza, sveglio per un nuovo incontro.
Il Cantico è un dialogo personale. Tutto è espressione di un io che si rivolge a un tu, o che evoca questo tu dentro di sé durante la sua assenza. L’ascoltatore del Cantico è invitato ad entrare con il suo io personale in dialogo con il tu, che lo cerca, lo interpella, desidera la sua presenza o, con la sua assenza, suscita l’anelito dell’incontro. L’ascoltatore e l’amata, la sorella, la fidanzata, la sposa, che celebra l’amore e anela la piena comunione con l’Amato. Chi non si sente «malato d’amore» (2,5) non gusterà l’incanto del Cantico.
Per penetrare nel mistero del Cantico, avverte Origene, è necessario che gli occhi del cuore siano illuminati. Coloro che, quanto all’uomo interiore, sono ancora come neonati in Cristo e si nutrono di latte e non di solido cibo (1Cor 3,2) e hanno appena cominciato a «bramare il puro latte spirituale» (1Pt 2,2), non possono comprendere queste parole. Perché nelle parole del Cantico si trova il cibo di cui dice l’Apostolo: «Il nutrimento solido invece è per gli uomini fatti» (Eb 5,14), e questo cibo esige che quanti ascoltano «abbiano le facoltà esercitate a distinguere il buono dal cattivo» (Eb 5,14), «avendo raggiunto lo stato di uomo adulto, nella misura che conviene alla piena maturità di Cristo» (Ef 4,13). Quest’uomo spirituale ha il proprio cibo, che è «il pane sceso dal cielo» (Gv 6,33.41), e la sua bevanda, che è l’acqua offerta da Gesù: «Chi beve dell’acqua che io gli darò, non avrà mai più sete» (Gv 4,14).