Detti dei Saggi di Israele
Detti dei Saggi di Israele
Mishna: «Sia la tua casa luogo di riunione per i saggi, lasciati ricoprire dalla polvere dei loro piedi e bevi le loro parole con avidità».
Per molti anni ho aperto la porta della mia casa ai saggi talmudico-midrashici, che mi hanno lasciato un tesoro di detti e racconti che hanno una validità perenne e che penso possano arricchire altre persone.
Perciò, rispolverando dei quaderni di appunti, ho voluto dare alla luce questi Detti dei saggi di Israele. Si tratta di episodi e detti della Scrittura, Targum, Halakah, Haggadot, dialoghi e parabole. È ciò che in ebraico si chiamano mesalim o proverbi, che non hanno altra finalità che spiegare la Scrittura.
Questi mesalim si trovano sparsi per tutta la letteratura talmudico-midrashica. L’unica cosa che ho fatto qui è stato selezionare alcuni degli innumerevoli detti e organizzarli intorno a un tema comune. Non seguo alcun ordine storico. Saggi di epoche diverse, infatti, compaiono in un dialogo sullo stesso argomento. Ciò corrisponde allo stile dei mesalim, che spesso sono introdotti dalla frase: «Rabbi A disse in nome di Rabbi B, che lo ascoltò da Rabbi C». In questo modo il detto supera le distanze temporali e geografiche, rendendoci contemporanei dei saggi.
Lo stile vivo dei mesalim ci aiuta a entrare in contatto diretto con Dio più di un trattato arido e scientifico. Spesso, parlando di Dio con un linguaggio morto, invece di rivelarlo, lo si nasconde. Nel suo desiderio di avvicinarsi agli uomini, Dio è entrato nella storia dell’uomo. L’incarnazione del Figlio di Dio è il culmine della storia di amore fra Dio e gli uomini. È, quindi, una storia che vuole essere raccontata, più che studiata.
I detti si nutrono di episodi della Scrittura, del Talmud e del Midrash, arricchiti di ampliamenti drammatici e, a volte, pittoreschi. A volte gli episodi sembrano inventati, per spiegare un passo oscuro della Scrittura e, altre volte, è un passo della Scrittura che chiarisce un episodio apparentemente inspiegabile. Come dice Rabbi Ismaele: «La Torah si spiega con la Torah».
Questo modo di interpretare la Scrittura, con i suoi simboli e anacronismi, ci avvicina ai personaggi e ai testi biblici. E avvicinare il passato al presente non significa tradire i testi, bensì renderli vivi. Queste finalità giustificano le iperboli e le narrazioni ingenue o inverosimili. In tal modo, questi detti «illuminano gli occhi, danno allegria al cuore e fanno comprendere il significato della Torah». La spontanea vivacità dei racconti o detti, porta dentro di sé la profondità delle intuizioni teologiche e spirituali.
Come dice Bloch: «La parte amplificata, essendo reale, risulta secondaria e resta sempre subordinata alla sua finalità: dare risalto all’opera di Dio, alla Parola di Dio». Insomma si tratta sempre della storia delle meraviglie di Dio. Storia che, a volte, è profezia, anticipo e promessa dei tempi futuri e, soprattutto, del compimento escatologico della storia salvifica.
Questi detti sono nati dall’ascolto attento della Parola di Dio, ascolto pieno di amore e sapienza spirituale, infatti: «Guardate a lui e sarete raggianti» (Sal 34,6). In questo modo, i segreti della Scrittura si rivelano, convertendosi in una fonte perenne, come un fiume sempre in crescita. L’obiettivo principale di questi mesalim, «dolcezza della Scrittura» (Qohelet Rabba) è rafforzare l’animo e provocare l’impulso interiore che «attrae il cuore dell’uomo come la manna» e lo inebria come il vino: «Hanno bevuto il sangue dell’uva, il vino» (Dt 32,14); sono le haggadot che attraggono il cuore dell’uomo come il vino.
Credendo e sapendo che la Parola di Dio «non ha limiti», i saggi non hanno mai paura di esagerare nel vedervi armonia e ricchezza di significato. Anche la più grande esagerazione con la quale potranno interpretare o commentare la Parola, sarà sempre infinitamente inferiore alla realtà della Parola stessa. Perciò, secondo le regole del derash, cercano di percepire, oltre il senso letterale, le misteriose risonanze di ogni parola che è uscita dalla bocca di Dio: «Misteri santi, puri e tremendi emanano da ogni versetto, da ogni parola, da ogni lettera, da ogni punto, da ogni accento, da ogni nome, da ogni frase, da ogni allusione».
La Scrittura è la sposa di Israele perché, mediante la Torah, Dio realizza le profezie di Osea: «Io ti sposerò con me per sempre». La ricerca (Midrash) dei vari significati della Scrittura è l’espressione del desiderio di comunione intima con Dio. Il suo modo di parlare è quello di un amante appassionato. L’entusiasmo e l’ammirazione riempiono questi detti. Solo chi li ascolta con la stessa esperienza amorosa e con lo stesso desiderio, può percepirne la forza e la bellezza.
Simone il giusto, uno degli ultimi membri della Grande Assemblea, soleva dire: «Su tre cose, come su un tripode, si sostiene il mondo: La Torah, il culto e le Opere di misericordia».
In tre parti, quindi, dividerò questa raccolta di detti dei saggi di Israele: la Parola, la Liturgia e le Opere, frutto della Parola e della Liturgia.
Autore: JIMÉNEZ HERNÁNDEZ Emiliano