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La lettera di Giacomo per una fede matura

Giacomo si presenta come «servo di Dio e del Signore Gesù Cristo».

«Servo» (doúlos) non è un titolo di sottomissione ma di relazione ed esprime appartenenza, dipendenza, fedeltà e dedizione. Ma non solo; «servo» indica anche il servizio da rendere a Dio e allo stesso istante il servizio che scaturisce da una obbedienza a DioInoltre, se per un greco di tradizione classica, la designazione di «servo» (doúlos) provoca ripugnanza (il servo era considerato una cosa), per Israele è un titolo di onore. «Servi», in questo orizzonte, sono i profeti, e prima di loro Mosè, Giosuè, e Davide.

 In una parola, per capire chi è il «servo» e cosa significa «servire» bisogna guardare a Gesù Cristo. Servi allora non si nasce ma si lo si diventa seguendo e imitando il Signore Gesù, che ci ha redenti.

 

 

Alcuni spunti per riflettere

 

Se non amo ciò che sono – ed io sono servo del Signore – amerò ciò che gli altri si aspettano da me, asservendomi alle loro aspettative; dovrò così elemosinare la loro approvazione e il loro consenso continuamente.

Se cerco la mia gioia nel servizio che ho fatto, la riconoscenza per ciò che ho compiuto, significa che ciò che ho fatto non nasceva da una ricerca sincera di Dio, e tanto meno dalla gratuità e dal disinteresse.

Chi cerca apprezzamento non ha capito il valore di cui è portatore, il dono che gli è stato concesso. Chi cerca applauso non ha fiducia di sé ed è incerto.

Chi cerca elogio diffida di sé e si sente una nullità. Chi cerca trionfo si sente solo e inutile.

Chi cerca la sua gioia fuori di sé vivrà l’insuccesso come un divieto, la difficoltà come una maledizioneil rimprovero come una persecuzione e sarà sempre in conflitto con tutto e tutti.

Estratto da “Il vostro «sì» sia sì e il vostro «no» no”, Sandro Carotta – chiricolibri.com



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