Figlio come si credeva di Giuseppe - Tarcisio Zanni
Cari amici, ecco per voi un estratto di:
Figlio come si credeva di Giuseppe
di Tarcisio Zanni
La sera del terzo giorno ecco Betlemme.
Betlemme, Beit Lehem, “casa del Pane”! «Quale pane poteva offrire questo suo povero villaggio?». Se lo chiedeva Giuseppe, mentre con commozione vi stava facendo uno dei suoi rarissimi ingressi.
Maria era molto stanca… “troppo” – pensava Giuseppe, guardandola di sottecchi preoccupato.
Volle visitare subito la tomba di Rachele. Dopo, finalmente, acconsentì a cercare alloggio. Ma all’albergo dei pellegrini non c’era più posto per loro. Pieno. Ogni altro tentativo andò a vuoto. Del resto Betlemme esauriva in fretta la propria ricettività alberghiera.
Era ormai quasi buio e Giuseppe sentiva crescere la preoccupazione per Maria e il bambino. Chiedeva ormai ad ogni persona che incontrasse. Allargavano le braccia, stringevano le labbra, guardavano il cielo, guardavano per terra, scuotevano la testa…
Lui non si rendeva conto che il parto fosse così vicino. Il suo pensiero era soprattutto per la stanchezza di Maria, per l’integrità del bambino che portava…
Sentiva angoscia per quello che a lui pareva un rifiuto. Non intenzionale certo, ma pur sempre un rifiuto. Avrebbe voluto gridarlo: «Voi non sapete! Questo bambino è un profeta, un grande profeta!».
Ma la sua consuetudine con la Parola di Dio lo aveva esercitato alla mitezza. Diceva: «Pace!», diceva: «Shalom!» e andava oltre con la sua angoscia che cresceva… «Il Signore è il mio pastore… Anche se vado per una valle oscura, non temo alcun male, perché tu sei con me. Il tuo bastone e il tuo vincastro mi danno sicurezza…» mormorava, stringendo il suo bastone, quasi fosse proprio quello della sua sicurezza.
Maria, no. Maria taceva. Maria non aveva una cellula del suo corpo che dubitasse. Il suo aspetto, il suo respiro infondevano una pace profonda. Giuseppe la guardò e pensò: «Una donna perfetta chi potrà trovarla? Ben superiore alle perle è il suo valore».
Qualcuno aveva parlato loro di una grotta, con paglia e fieno. Di un rifugio per animali, abbandonato. Si mise a cercarlo. Ma domani, con calma, avrebbe trovato qualcosa di meglio! Non poteva essere che Maria dormisse sulla paglia! O addirittura – ma non voleva pensarci – che il bambino rischiasse di nascere in una stalla! Domani le cose sarebbero cambiate!
Quando finalmente trovò la grotta, era notte. Accese un fuoco e ispezionò il rifugio.
Sì! Poteva andare. Non c’erano rifiuti o immondezze. Non c’era cattivo odore, se non quello lasciato dagli animali. C’era paglia pulita per un giaciglio. C’era perfino una grossa mangiatoia di legno, ancora colma di fieno asciutto.
Ringraziò Dio che aveva provveduto loro un rifugio per la notte!
Pareva – pensò – preparato per loro da una mano ospitale. Gli ritornò il sorriso e, pur continuando a ripetersi che il giorno seguente sarebbe stato diverso, si sentì in pace e amato dal cielo.
Fece scendere Maria quasi con venerazione, stese il mantello sulla paglia e la fece sedere. In un certo sacco aveva pane e olive. Mangiarono un po’, in silenzio. Maria era provata. Il suo viso era pallido e, a momenti, contratto.
«Come và?» – le disse.
«Bene» – rispondeva lei.
«Dormi un po’ – le disse – ti farà bene. Io mi sdraio all’ingresso, accanto al fuoco. Farò da guardia…».
«Per questo il Signore ha già mandato il suo angelo» – sorrise lei. E pareva lo vedesse, l’angelo!
Maria, tuttavia, obbedì, come faceva sempre. Giuseppe la coprì con il panno che era servito da sedile sulla cavalcatura. Guardò la sagoma grossa della madre e pensò alle parole dell’angelo: «Quello che è in lei è opera dello Spirito santo».
Si accorse dopo che era uscito retrocedendo… Sorrise un po’ delle sue suggestioni e scosse la testa. Buttò un legno grosso sul fuoco, si sdraiò per terra, prese un sasso come guanciale e si addormentò subito. Aveva camminato tutto il giorno.
Quando si svegliò, per un certo tempo non si mosse dalla sua posizione rannicchiata di dormiente, nella convinzione di sognare…
Alla notte era subentrato un chiarore irreale: le rocce della grotta erano diventate bianche. Vedeva angeli salire e scendere sulla sua testa. Era stata, certo, la suggestione del sasso preso a guanciale, che lo aveva fatto pensare, per un attimo la sera innanzi, a Giacobbe. Sentiva un canto potente: «Gloria a Dio nell’alto dei cieli e pace in terra agli uomini che egli ama!».
Se ne stava così, assurdamente rannicchiato, a occhi spalancati, incapace di rendersi conto che quello che vedeva e sentiva non era un sogno.
Fu un vagito proveniente dalla grotta che lo fece alzare in piedi di scatto.
Il suo sogno non era un sogno, era quello che stava succedendo. Entrò nella grotta. Il bambino era già nato. Maria, sdraiata su un fianco, lo circondava con il braccio destro e lo carezzava con il sinistro.
Era già stato rivestito di fasce che Maria, certo, aveva portato con sé.
Il fuoco era alla brace, ma la grotta era illuminata dalla luce intensa che proveniva dal cielo. Ma ora Giuseppe non guardava fuori, guardava dentro il rifugio.
Si inginocchiò presso il bambino. Lo baciò e sentì che le lacrime gli riempivano gli occhi. Eccolo, il bambino tanto atteso, diventato ora – lo sentì subito – tanto amato! Era tutto rosso e aveva l’espressione attenta che hanno i neonati.
Sua madre, con le gote insolitamente colorate e gli occhi lucidi, lo guardava senza sapersene staccare.
Come era successo? Chi aveva aiutato Maria? Chi aveva lavato e rivestito il bambino? Le domande gli salivano alla bocca.
Ma quando guardò fuori e vide il cielo pieno di luce e di miriadi di angeli, si rese conto che le sue domande “logiche” erano domande sciocche. Chi aveva generato quel bambino nel ventre di Maria, come non avrebbe provveduto alla sua nascita? Chi lo aveva immerso in quel fonte, come non lo avrebbe, con la medesima potenza, tirato fuori?! Giuseppe chinò il capo e pregò: «Dio dei padri e Signore di misericordia, tu che hai chiamato il tuo servo ad essere partecipe delle tue opere misteriose, abbi pietà della mia debolezza e sostienimi, perché io possa essere trovato fedele nel compito che mi hai affidato!».
Quando ebbe finito di pregare, aprì gli occhi. Maria lo guardò e sorrise.
«Lo metto qui, nella mangiatoia… Che te ne pare?» – chiese lui.
Maria assentì. Giuseppe prese un lenzuolino bianco, dispose opportunamente il fieno e lo coprì. Poi, con cautela, come aveva visto fare, prese con la destra il piccolo, con la sinistra ne sorreggeva il capo. Se lo avvicinò per guardarlo meglio.
Chi sarebbe stato questo bambino? La sua venuta commuoveva il cielo. «Gli angeli erano come vento, i suoi messaggeri come fiamme di fuoco». Le leggi date alla natura erano sospese per lui… Chi sarebbe stato?
«Certamente un profeta – pensava Giuseppe – un grande profeta! Come Elia, come Eliseo… Come Mosè! Ma questo non osava pensarlo, perché era come dire che aveva fra le mani il Messia…!
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